"L’imbarazzo nel saluto"

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"L’imbarazzo nel saluto"

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Recentemente mi sono imbattuta nel breve saggio di Theodor Reik intitolato “L’imbarazzo nel saluto”. Il titolo mi ha subito incuriosita. In effetti, ho pensato, talvolta mi sono sentita a disagio nel salutare una persona. Come mai? Ho deciso quindi di leggere l’articolo, fonte di spunti interessanti, e di condividere questo breve approfondimento.

Theodor Reik

Prima di occuparmi del saggio, vorrei dire due parole su Theodor Reik. Viennese, psicoanalista, fu uno tra i primi allievi di Freud e si formò con lui a Vienna. Di origine ebrea, con l’avvento del nazismo si trasferì a New York, e divenne un pioniere della psicoanalisi negli Stati Uniti. È autore di numerose pubblicazioni in ambito psicoanalitico.

La psicologia del saluto

All’inizio del suo saggio Reik sottolinea come esista molto materiale interessante sulla psicologia del saluto, sia dal punto di vista etnologico che psicologico. L’autore però, nella sua indagine, si sofferma su un aspetto particolare e significativo: l’imbarazzo che spesso si prova quando ci si accinge a salutare una persona.

La tesi di Reik è che se il saluto comporta un certo disagio, allora esso deve inconsciamente avere più importanza di quello che siamo disposti ad ammettere. Se ci pensiamo, quando qualcuno ci saluta con negligenza o sgarbatamente, sebbene pensiamo che non ce ne importi, ne rimaniamo offesi.

Secondo l’autore, percepiamo chiaramente che il saluto, anche se è un particolare minimo della vita sociale, porta con sé un significato affettivo inconscio, che coscientemente non gli attribuiamo.

Il saluto: un aspetto di importanza vitale

Ma come ha potuto questa affettività insediarsi in un dettaglio tanto insignificante?
Tale collocazione sarebbe stata impossibile se proprio questo particolare un tempo non fosse stato di vitale importanza. Homo homini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo).
Lo stadio primitivo del saluto è simile a quello praticato dai cani, che si avvicinano l’uno all’altro e si annusano prudentemente; esso sopravvive ancora oggi nel saluto naso-a-naso di molti popoli. Tale approccio molto cauto mira ad appurare che nell’altro non vi siano intenzioni aggressive.

Una volta compreso ciò, consideriamo il saluto sotto una luce diversa; dapprima esso sembrerebbe essere sviluppato da una forma primitiva, indifferenziata, governata dall’istinto, che era espressione sia di ostilità che di amore. Da questa forma nacque lentamente il significato attuale, quello più amichevole; gradualmente esso assunse la funzione di assicurare all’altra persona che chi saluta si ripromette di rinunciare alla gratificazione dei propri desideri aggressivi. Infine il saluto venne a cristallizzarsi in un gesto convenzionale.

Incertezze e imbarazzi

Ricordando che il saluto si originò in questo modo, attraverso l’inibizione e la rimozione degli impulsi aggressivi e di quelli sessuali, vediamo chiaramente perché in certi casi il saluto si carichi di molte incertezze e imbarazzi. Di fatto, il saluto in sé stesso è una manifestazione di ambivalenza.

Il contenuto e la forma del saluto sono la causa di molteplici difficoltà e incertezze individuali, anche quando all’apparenza il rapporto fra le persone sembra svolgersi senza problemi, è come se gli impulsi inconsci si fossero concentrati su questo particolare isolato del rapporto personale, come se questo fosse il solo sblocco per gli elementi aggressivi e sessuali rimossi.

L’ostilità e la diffidenza inconscia hanno altre sedi oltre al saluto: esse sono il segreto che si cela dietro le cerimonie iniziatiche dei rapporti sociali, poiché queste una volta equivalevano a misure difensive, sicurezza contro i pericoli che incombevano da ogni parte, contro l’ostilità universale dell’uomo contro l’uomo. La presentazione, che è diventata il metodo istituzionale per far conoscenza nella nostra società, è certamente una di tali convenzioni inconsce che sono, sfortunatamente spesso insufficienti. Anche qui l’imbarazzo tradisce le inibizioni e le incertezze che vengono dalla stessa fonte.


Fonti
Theodor Reik Trent’anni di psicoanalisi con Freud.  Roma, Newton Compton Editori (1974)

D.ssa Maria Rita Milesi - Psicologa e Psicoterapeuta Bergamo
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